Il Laboratorio LaTeC (Language, Text and Cognition) è una delle strutture più rilevanti per l’attività di ricerca e di didattica in ambito linguistico e psicolinguistico dell’Ateneo di Verona e accoglie l’attività di ricercatori interessati alla dimensione cognitiva del linguaggio e delle patologie ad esso correlate.
LaTeC sostiene la ricerca scientifica e la didattica universitaria e post- universitaria, perseguendo le seguenti attività:
produzione di studi, ricerche e servizi per l’avanzamento delle conoscenze in ambito linguistico e psicolinguistico;
progettazione e implementazione di protocolli sperimentali per lo studio del processing linguistico, e per la diagnosi e il trattamento dei disturbi del linguaggio e dell’apprendimento;
progettazione di ricerche sul rapporto lingua, testo e cognizione con una particolare enfasi sulle dinamiche di testualizzazione della memoria e dei meccanismi comunicativi che presiedono alla formalizzazione narrativa e dialogica;
promozione di convegni, workshop, seminari e manifestazioni scientifiche volte a diffondere i risultati della ricerca e a incentivare il dialogo fra università, sistema scolastico e sanitario.
In quest’ottica, LaTeC fornisce annualmente corsi di formazione teorico-pratica nell’ambito dei disturbi dell’apprendimento e delle patologie del linguaggio (in particolare della dislessia evolutiva), dell’acquisizione delle lingue e del bilinguismo, rivolti agli studenti di Corsi di Studio di ogni livello (anche TFA e PAS) e a docenti del Centro Linguistico di Ateneo e ai collaboratori del Centro Servizi per studenti disabili di Ateneo.
LaTeC fornisce inoltre attività didattica nell’ambito della narratologia, con declinazioni di tipo cognitivo.
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È Maria Vender, assegnista di ricerca del dipartimento di Culture e civiltà di ateneo, la protagonista del video de “La ricerca continua”. In questa puntata Vender presenta la ricerca “How do bilingual dyslexic and typically developing children perform in nonword repetition? Evidence from a study on Italian L2 children” condotta in collaborazione con Denis Delfitto, docente di Glottologia e Linguistica, e Chiara Melloni, docente associato di Glottologia e Linguistica. Il lavoro è pubblicato sulla rivista internazionale “Bilingualism: Language & Cognition”.
“Il nostro gruppo di ricerca – spiega Vender – si occupa da diversi anni di dislessia evolutiva, un disturbo specifico dell’apprendimento che interferisce con l’acquisizione della letto-scrittura. Le nostre ricerche hanno evidenziato come i dislessici abbiano difficoltà non solo nella lettura, ma anche a livello di competenza fonologica e morfologica e nella comprensione e produzione di frasi complesse. Questo non significa però che bambini e bambine con dislessia debbano rinunciare al piacere della lettura e a tutti quegli aspetti della vita culturale, sociale e professionale legati ad essa. È stato infatti ampiamente dimostrato che appropriati interventi di potenziamento e riabilitazione possono essere molto efficaci nel trattamento delle difficoltà di lettura, specialmente se si riesce ad agire il prima possibile. Per fare questo, è quindi fondamentale riuscire ad identificare la dislessia precocemente”.
Secondo Vender questo è un aspetto importante che riguarda non solo i bambini monolingui, e nello specifico bambini che non parlano altre lingue oltre all’italiano, ma anche i bambini bilingui, che hanno imparato l’italiano come seconda lingua. È noto, infatti, che questi bambini possono manifestare delle difficoltà marcate nell’acquisizione della letto-scrittura, soprattutto durante i primi anni del loro percorso scolastico. Le loro difficoltà, però, sono spesso dovute ad una competenza linguistica non ancora pienamente sviluppata e pertanto sono generalmente destinate a riassorbirsi dopo i primi anni di scuola.
La presenza di queste problematiche può quindi rendere difficile un’accurata diagnosi di dislessia evolutiva nei bambini bilingui, con un aumento dei falsi positivi, quando viene diagnosticata la dislessia ad un bambino che in realtà non ne soffre, e dei falsi negativi, quando invece non viene riconosciuto il disturbo in un bambino che ne è affetto. Per integrare il percorso diagnostico è bene affidarsi anche ad altri test linguistici, come la ripetizione di non parole, uno dei più promettenti: viene richiesto al bambino di ripetere una sequenza di parole inventate, sia semplici, come “parce”, che più lunghe e complesse, come “chestangutoldri”. In questo compito, infatti, i bambini dislessici hanno particolari difficoltà rispetto ai coetanei a sviluppo tipico, mentre la prestazione dei bilingui e soprattutto l’interazione fra dislessia e bilinguismo sono state finora poco studiate.
“Con l’obiettivo di colmare questa lacuna – aggiunge Vender – abbiamo quindi sviluppato un test di ripetizione di non-parole, che è stato somministrato a 111 bambini di età compresa fra gli 8 e i 12 anni, sia monolingui che bilingui, con e senza diagnosi di dislessia evolutiva. Questo studio è stato condotto nell’ambito del più ampio progetto Atheme, un programma europeo recentemente conclusosi che ha coinvolto, oltre al nostro gruppo, 16 realtà fra università e istituti di ricerca in tutta Europa, con l’obiettivo di studiare il multilinguismo sotto vari punti di vista. I risultati del nostro studio hanno mostrato che i bambini dislessici, sia monolingui che bilingui, hanno difficoltà marcate nella ripetizione di non parole rispetto ai bambini a sviluppo tipico, ma senza particolari differenze dovute al bilinguismo: i bambini bilingui hanno infatti una prestazione simile a quella dei pari monolingui. Ciò suggerisce che il bilinguismo non peggiora le difficoltà dei dislessici, come spesso si teme, e che va pertanto sempre mantenuto e incoraggiato per i notevoli benefici che può apportare sul piano socio-culturale e professionale e linguistico e cognitivo”.
“Il test che abbiamo sviluppato – conclude Vender – ha inoltre rivelato buoni valori di sensitività e specificità che permettono di identificare con buona accuratezza la dislessia sia in bambini monolingui che in bambini bilingui, indicando che può essere impiegato con successo anche nella pratica diagnostica.”
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Protagonista di una puntata del format “La ricerca continua” è Denis Delfitto, docente di Linguistica in ateneo, per raccontare del progetto E-Fra-Lit, finanziato nel 2019 dalla Fondazione Cariverona all’interno del bando per la Ricerca di Eccellenza, che rappresenta per molti versi una esperienza unica a livello internazionale.
Il progetto si propone infatti di utilizzare i risultati di ricerca che il gruppo di linguisti di Verona, coordinato da Denis Delfitto, ha conseguito nello studio degli aspetti cognitivi e linguistici della dislessia evolutiva, anche attraverso la cooperazione con importanti istituti di ricerca stranieri (Reading, Utrecht, Leida) e l’expertise che alcuni membri del gruppo hanno a disposizione sull’apprendimento dell’italiano come lingua seconda (L2), per sviluppare nuovi originali interventi a favore dell’occupabilità, grazie alla cooperazione con il gruppo di psicologi del lavoro coordinato da Riccardo Sartori.
“Gli adulti dislessici e le persone che devono apprendere l’italiano come lingua seconda avendo a disposizione competenze di alfabetizzazione scarse o pressoché nulle (per esempio alcuni gruppi di migranti), hanno, infatti, un profilo cognitivo assai diverso, ma una cosa in comune: serie difficoltà per un inserimento ottimale sul mercato del lavoro”, spiega Delfitto. “Il progetto si avvale, quindi, della collaborazione fra linguisti e psicologi del lavoro e del sostegno fondamentale di alcuni partner, attivi sul territorio da anni nelle attività di formazione e orientamento professionale, come CPIA Verona, Enaip Veneto, Rete Tante Tinte e Veneto Lavoro, al fine di sviluppare nuovi metodi per migliorare le prospettive occupazionali di adulti dislessici e persone con uno scarso livello di alfabetizzazione”.
“L’intervento consisterà in due fasi”, prosegue Delfitto, “nella prima saranno create le premesse per un profilo personalizzato dei partecipanti (attraverso la somministrazione di test linguistici e psicologici), nella seconda sarà attivato uno specifico training linguistico al fine di migliorare nei partecipanti accuratezza e velocità di lettura, in concomitanza con l’attivazione di servizi di counseling psicologico e di orientamento professionale. In particolare, il training linguistico si potrà avvalere di una applicazione che sarà sviluppata in collaborazione con il dipartimento di Informatica. La partecipazione al progetto sarà a titolo gratuito, grazie al finanziamento della Fondazione Cariverona. I risultati, che speriamo di grande impatto, saranno pubblicati su riviste scientifiche internazionali”.
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In una puntata de “La ricerca continua” Chiara Melloni, docente di Glottologia e Linguistica del dipartimento di Culture e civiltà, presenta una ricerca sui vantaggi del bilinguismo nella dislessia. Realizzato assieme ad un gruppo di ricercatori e ricercatrici al lavoro nel laboratorio LaTeC, Language, Text and Cognition, il protocollo sperimentale è stato sottoposto riprendendo un esperimento noto come Wug Test.
Lo scopo della ricerca è stato quello di indagare l’interazione fra la dimensione del bilinguismo e la dislessia in quattro gruppi di bambini, monolingui e bilingui, con e senza diagnosi di disturbi specifici dell’apprendimento attraverso un tes basato sulla formazione di pluralizzazione di parole inventate e adattato alla morfologia dell’italiano per tracciare l’abilità di applicare regole a parole nuove.
“I risultati della ricerca – spiega Melloni – sono stati chiari e molto interessanti. In particolare, per ciò che concerne la dislessia, si è evidenziata una compromissione dell’abilità morfologica dei bambini monolingui con dislessia evolutiva, mentre al contrario è stato evidenziato un notevole vantaggio del bilinguismo in questo tipo di task morfologico: i bambini bilingui, infatti, hanno una maggiore capacità e consapevolezza metalinguistica. Un esito ancora più significativo è stato rilevato nei bambini bilingui con diagnosi di dislessia evolutiva, che hanno risposto con maggior correttezza rispetto ai bambini, sia bilingui che monolingui, con sviluppo linguistico tipico”.
https://www.univr.it/it/la-ricerca-continua
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